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L’abbandono dell’attività sportiva

L’abbandono dell’attività da parte d’alcuni sportivi sorprende ancora molti allenatori. Il carico d’allenamento, soprattutto in preparazione fisica, è spesso incriminato.

  • Come spiegare questo fenomeno per meglio anticipare ?
  • Quale forma di pedagogia adottare per prevenire l’abbandono ?

Volontà, motivazione, desiderio
Questi tre concetti sono utilizzati dagli allenatori per caratterizzare "l’investimento fisico" dei praticanti e giustificare la natura delle relazioni pedagogiche.
Gli psicologi hanno "regolato il suo conto" all’idea binaria e categorica, dunque riduttrice, di presenza o d’assenza di volontà nell’individuo. In effetti, quest’idea maschera i fenomeni di disimpegno(1) e ne impedisce ogni compressione.
L’apparizione del concetto di motivazione, in management, ha aperto delle prospettive di stimolazione e ha permesso l’elaborazione di strategie più o meno efficaci. Ricorrendo a tali strategie, alcuni si vantano di mantenere delle persone, malgrado loro, in un’attività per un certo periodo di tempo… Ma presto o tardi, queste persone finiscono legittimamente per orientarsi verso l’oggetto del loro desiderio : Un’altra attività.
La ripresa del concetto de desiderio può permettere di fare luce sui comportamenti d’abbandono dell’attività. Per evitare l’abbandono, la presa in considerazione dei desideri permette di orientare ognuno verso le attività che li permetteranno di eccellere a lungo termine.
Il complesso di colpa ed altri giudici di merito, utilizzati come potenti mezzi di manipolazione, non hanno così nessun posto in relazioni pedagogiche sane.

Pedagogia d’ispirazione behavioristica(2)
Il cane di Pavlov, il ratto di Skinner e gli altri…
Perché accennate in modo sommario durante la formazione, le teorie behavioristiche sono molto spesso mal interpretate. La trasposizione dal laboratorio al terreno sportivo non può essere immediata.
Sfortunatamente, alcuni concepiscono l’apprendimento solo come una somma di condizionamenti “ancorati” con dei rafforzamenti positivi (ricompensa) o negativi (sanzione). Questa concezione conviene maggiormente all’ammaestramento degli animali piuttosto che all’educazione umana.
Per liberarsene, l’allenatore può dare all’atleta i mezzi d’auto-valutarsi (criteri, tabelle, abachi) e di migliorare la sua pratica. Lo sportivo s’avvia allora verso uno dei principali obiettivi dell’educazione : l’accesso all’autonomia.

Pedagogia d’ispirazione cognitivista(3)
Il concetto di rappresentazione è centrale come oggetto di significato ;

  • « Imparare è trasformare il suo sistema di rappresentazione mentale » vale a dire il modo di vedere le cose (oggetti e fenomeni).
  • Le rappresentazioni simboliche (grafismi, schemi, metafore) sono impiegate come potenti “leve didattiche” per illustrare e spiegare.

Pedagogia d’ispirazione clinica(4)
L’empatia è spesso considerata una forma de comprensione dell’altro…. Stranamente riservata ad alcuni ! Ma i fenomeni di proiezione (di senso, d’intenzione, di valori) portati alla luce dagli psicologi, mostrano che l’empatia consiste il più delle volte in una semplice trasposizione di sentimenti giustificata a posteriori da un discorso"logico". Ora, il discorso, anche “logico”, è spesso senza alcun legame col reale : «  Non capisco mai l’altro attribuendo al suo comportamento il senso, i valori, l’intenzione, il ragionamento… fondati sulla mia propria logica  ». Questo è un processo speculativo dunque pericoloso.
Per capire l’altro bisogna, per prima cosa, ascoltarlo, dunque stare zitto e non anticipare le sue risposte (« So quello che stai per dirmi ! »). La riformulazione proposta (« Vuoi dire che… ? ») e più ancora quella richiesta (« Che vuoi dire con… ? »), sono dei mezzi che permettono di verificare che ciò che è stato ascoltato è realmente quello che l’altro ha voluto dire.
Le teorie generali ed i modelli della psicologia sperimentale trovano il loro limite per spiegare i comportamenti del soggetto nella loro singolarità. Come alternativa, la psicologia clinica cerca d’evidenziare ciò che vivono le persone « alle prese con delle difficoltà tanto nel rapporto con sé stessi che nel loro adattamento alla realtà che li circonda » Morvan (1995).
In allenamento l’impostazione d’ispirazione clinica consiste nel cercare d’evidenziare il modo in cui lo sportivo vive e sente i suoi allenamenti tenendo conto delle sue particolarità (psicologiche, morfologiche).

Il non-detto delle emozioni
« Il non-detto è quello che è intimo, quello che sentiamo come impossibile a trasmettere… ».
Si tratta ad esempio delle emozioni dello sportivo che emergono nel corso o dopo l’allenamento o la gara : odio, rancore, frustrazione ma anche sollievo, plenitudine, gioia. Il non-detto può anche riguardare la relazione allenatore-sportivo. Il non-detto si esprime in modo non-verbale in diverse forme : accessi d’ira, di riso, comportamenti irrazionali, riti…
Cercare di trasgredire il non-detto obbligando l’altro a verbalizzare è spesso devastatore : spossessa il non-detto delle sue funzioni di salvaguardia dell’identità senza però ridurre le angosce.
L’allenatore deve sapere decifrare il non-detto senza fare investigazioni.
Conclusione
Lo studio delle pratiche pedagogiche degli esperti mette alla luce il loro aspetto composito : queste pratiche mobilitano dei metodi d’ispirazioni diverse quindi in modo non-esclusivo.
L’ascolto può essere impiegato come mezzo preventivo contro l’abbandono dell’attività. Si tratta di cercare d’identificare le attese dello sportivo poi di pianificare le condizioni della sua pratica per potere rispondere al meglio alle sue attese.

Riferimenti :

  • Blanchard-Laville, C. (1999). L’approche clinique d’inspiration psychanalytique : enjeux théoriques et méthodologiques. Revue Française de Pédagogie : 127, 9-22.
  • Guillet, E. Sarrazin, P. & Cury, F. (2001). Comprendre l’abandon sportif en handball féminin à partir du modèle tridimensionnel des buts d’accomplissement : Une étude longitudinale sur une saison sportive. IXème Congrès International de l’ACAPS - 1, 3 Novembre 2001 - Valence.
  • INRDP (1975). L’accès des élèves à l’autonomie. Brochure n° 2376.
  • Morvan, J.-S. (1995). Psychologie clinique et recherche : Quelles questions pour quels objets ? In Dialogues sur l’éducation. Université René Descartes Paris V.
  • Olievenstein, C. (1987). Le non-dit des émotions. Editions Odile Jacob.

(1) Si pensa qui al disimpegno dello sportivo. Ma questo concetto maschera anche il disimpegno dell’allenatore che attribuisce il fallimento alla mancanza di volontà dello sportivo !

(2) Psicologia behavioristica : studia i comportamenti cercando di metterli in relazione con le loro condizioni di apparizione.

(3) Psicologia cognitivista : studia i processi messi in gioco nel trattamento dell’informazione.

(4) La psicologia clinica è d’ispirazione psicanalitica. Porta un’attenzione particolare alla « realtà psichica di soggetti ».

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